L'opera di Mozart riproposta al Palafenice dopo la produzione dello scorso anno Le «Nozze» più mature Severità e freschezza nella direzione di Andretta di Mirko Schipilliti VENEZIA. L'approccio alla complessità della partitura di Nozze di Figaro di Mozart pone oggi, più di una volta, una lunga lista di problematiche interpretative, specchio dell'infinita ricchezza di valenze compositive e rappresentative che solamente un approccio "integrato" e meditato può cercare di risolvere, nell'apparenza di una scorrevole e naturale catena di eventi, scenici e musicali, dove si sviluppano e avviluppano dettagli profondi e imprescindibili. Nell'impostazione ricercata da Giancarlo Andretta al PalaFenice, che ha diretto mercoledì l'orchestra della Fenice in una ripresa della produzione mozartiana inaugurata l'anno scorso, si percepiva una complessità di elementi e strutture, in una lettura che rispetto al passato sembra essersi appropriata di dinamiche più articolate e serrate, non solo nell'orchestra, ma anche nella giovane compagnia che dopo aver esordito un anno fa - allora debuttavano addirittura due cast - dimostra ora una maturazione di precedenti scelte musicali. Con una severità propria di chi conosce ogni angolo della partitura, Andretta guida una freschezza narrativa perfettamente in sintonia e sincronia con la "folle giornata" in cui si svolgono gli eventi, articolando tensioni segrete, svelandole in una rara ricerca di accenti, di chiarezza fraseologica, di valorizzazione della figura ritmica, cercando appunto di non disperdere nulla, compattando la materia musicale in un'acustica che al PalaFenice porta a diluire il suono nello spazio. Contro il pericolo dell'appesantimento timbrico, Andretta tiene in pugno l'orchestra insistendo nella leggerezza del fraseggio, sceglie tempi mossi, ottiene suoni asciutti, trovando spesso l'adesione del gruppo strumentale, sottolinea l'espressività e i contrappunti dei fiati, svolge il suono riconducendolo al carattere dei recitativi secchi, che gestendo personalmente e impeccabilmente al cembalo, inserisce nella dialettica complessiva, gli stessi che per anni eseguì nei Wiener Philharmoniker a Vienna e Salisburgo. La scoperta della molteplicità caratteriale delle Nozze viene ricondotta anche a un'idea di libertà esecutiva, assecondata evitando di dirigere con enfatiche gestualità che potrebbero spezzare l'unità formale. Abbiamo ampiamente apprezzato il Figaro di Nicola Ulivieri, che ha convinto nella valorizzazione di dinamiche e nel notevole coinvolgimento grazie a una dizione chiarificante, ma tutto il cast si muoveva in una ricchezza di gioco di pronunce e atteggiamenti, nelle sottolineature del dettaglio: in tal senso si affermava la forza di Robert Gierlach (conte) e le mutevoli e leggere sfumature del bel Cherubino di Tuva Semmingsen; ricordiamo anche le brave Francesca Pedaci (contessa) e Lisa Larsson (Susanna). La regia di Toni Servillo riproponeva la cura del particolare e il rilievo del gesto essenziale. Successo caldissimo e ovazioni. |
Venezia. Il ritorno delle "Nozze di Figaro " di Mozart al PalaFenice nello stesso allestimento e con gli stessi interpreti dell'anno scorso ha felicemente confermato i pregi e le caratteristiche di uno spettacolo posto sotto il segno della giovinezza, dell'agile scioltezza e dell'intelligenza grazie alla felice collaborazione di tutti, ma in modo particolare grazie alla regia di Toni Servillo (che firma anche il sobrio e funzionale impianto scenico insieme con Daniele Spisa). Reduce dal successo della prima versione del "Boris Godunov" a Lisbona, Servillo ha curato personalmente la ripresa di quello che era stato il suo secondo spettacolo lirico, e ciò ha consentito nel lavoro di tutti gli interpreti una accuratezza e freschezza altrimenti impossibili, con alcuni dettagli ripensati o approfonditi, anche se la concezione dello spettacolo resta ovviamente la stessa, con l'intelligente rispetto della perfezione del meccanismo teatrale travolgente di Beaumarchais e del libretto di Da Ponte, la cui complessità viene colta con scelte semplici ed essenziali. Essenziale è l'impianto scenico, che è apparso ancora una volta elegante e gradevole. La recitazione è molto curata, mossa e vivace, ricca di sfumature, i personaggi e i loro rapporti sono mostrati senza rigidezze schematiche, con penetrante finezza, rivelando così la sfaccettatissima ricchezza di implicazioni della commedia, e valorizzando la straordinaria capacità mozartiana di far coincidere invenzione musicale e gesto teatrale, in felice collaborazione con una compagnia di canto giovane, dove quasi tutti sembrano avere l'età dei loro personaggi. Nessuno appartiene allo star system; ma l'equilibrio complessivo si impone con felice coerenza. La ricchezza delle "Nozze di Figaro " appare inesauribile, e ben difficilmente un interprete la può cogliere fino in fondo in tutte le sfaccettature; ma al tempo stesso essa giunge al pubblico in modo affascinante anche con qualche voce un po' acerba, in un contesto teatrale e musicale adeguato. C'era una felice convergenza di prospettive tra la regia e la direzione di Giancarlo Andretta, che esaltava in primo luogo lo slancio travolgente, il vortice della "folle giornata" con tempi piuttosto rapidi, in una esecuzione scorrevole ed elegante, anche se si aveva l'impressione che qualcosa sfuggisse delle malinconie, delle trasparenze, delle arcane magie della scrittura mozartiana. Nella compagnia di canto ancora una volta è piaciuta in modo particolare la coppia Figaro -Susanna, con lo slancio di Nicola Ulivieri e la freschezza di Lisa Larsson; ma sono parsi persuasivi anche la nobile Contessa di Francesca Pedaci, il Conte di Robert Gierlach, il Cherubino di Tuva Semmingsen e tutti gli altri, fra i quali citiamo il Bartolo di Donato Di Stefano. Paolo Petazzi |