IL GAZZETTINO
Venerdì, mercoledì, 8 Giugno 2005

Strauss torna alla Fenice

Venezia. Per la terza volta in quattro stagioni la Fenice alla riscoperta di Richard Strauss. Cominciò nel 2002 al teatro Malibran con la prima veneziana di "Capriccio", proseguì nel 2003 sempre al Malibran con "Ariadne auf Naxos" e ora offre al proprio pubblico, domani sera alle 19 nello storico teatro di campo San Fantin rimesso a nuovo dopo l'incendio, un'inedita "Daphne " diretta dal maestro Stefan Anton Reck.

La proposta di un'opera incentrata sul mito di Daphne fu avanzata a Strauss direttamente dall'autore del libretto, Joseph Gregor, che ne aveva ultimato la scrittura sin dal 1935. Strauss accettò, ma ne impose tali modifiche che alla fine i due decisero di riscrivere la stesura definitiva a quattro mani e la "tragedia bucolica in un atto" finì con l'andare in scena per la prima volta alla Staatsoper di Dresda nell'ottobre del 1938 diretta da Karl Böhm, maestro molto legato all'esperienza creativa di Strauss. Il debutto dell'opera alla Fenice è stato affidato alla regia di quel Paul Curran che già si prese cura della prima veneziana di "Ariadne auf Naxos".

Paul Curran"Sono due opere completamente diverse - spiega il regista scozzese - C'è solo una cosa, piccolina, che lega, forse, le opere di Strauss: il fatto che il compositore mette sempre alla fine di tutte le sue opere tre-quattro minuti dove non si canta, solo musica. E per un regista è terribile, bisogna far lavorare la fantasia, è come una sfida". E vi assicuriamo che Curran l'ha vinta con una soluzione di grande effetto, frutto di un mix di luci e movimenti che fa trattenere il respiro al pubblico.

"Daphne è un'opera per niente facile - riprende il regista che è alla sua prima esperienza con questa composizione di Strauss - non solo complicatissima, ma anche con il libretto più debole tra tutte le opere di Strauss. Visivamente ho cercato di rendere la bucolicità della storia con una scena unica che si muove, cercando una chiave etnica di ambientamento che potrebbe essere duemila anni fa oppure oggi, in Grecia come in Pakistan".

E alla sua prima interpretazione di Daphne è anche June Anderson una vecchia e cara conoscenza del pubblico della Fenice. "Ho esordito qui ventuno anni fa - ricorda - Venezia e la Fenice hanno un posto speciale nel mio cuore e nella mia carriera. Nel teatro ricostruito ho trovato la stessa gente, lo stesso entusiasmo e la stessa atmosfera. La patina del tempo? Tornerà anche quella". "Il mio ruolo è molto impegnativo, ho dovuto studiarlo molto - spiega - ma è anche bellissimo". Tra gli altri interpreti troviamo Roberto Saccà, reduce dalla tournee in Giappone con "Traviata", nel ruolo di Leukippos in cui si è già spesso esibito in giro per il mondo, Scott Mac Allister in quello di Apollo, Daniel Lewis Williams (Peneios), Birgit Remmert (Gaea). Scene e costumi sono di Kevin Knight, light designer David Jacques. Orchestra e coro sono naturalmente quelli del teatro La Fenice. Si replica domenica alle 15.30, mercoledì 15 alle 19, sabato 18 alle 15.30 e martedì 21 alle 19.

Giuseppe Tedesco

 

IL GAZZETTINO
Giovedì, 9 Giugno 2005

Stasera prima della "Daphne " alla Fenice

Si tratta di un'opera dalle linee melodiche sinuose ed avvolgenti, quasi visivamente ramificate come in una figura liberty. Strauss attua un procedimento che si fa emblematico nella finale dissoluzione della linea melodica in arabescati vocalizzi. Una partitura screziata, ricca di raffinatezze timbriche d'ogni genere, che corrisponde all'aura mitica dell'ambientazione pastorale, senza rinunciare a toni espressivi più netti e decisi che vedrà impegnati l'Orchestra del Teatro La Fenice diretti da Stefan Anton Reck dirigerà; direttore del Coro è Emanuela Di Pietro; per allestimento e regia di Paul Curran con scene e costumi di Kevin Knight. Gli interpreti principali sono: Daniel Lewis Williams, Peneios; Birgit Remmert, Gaea; June Anderson, Daphne ; Roberto Saccà, Leukippos; Scott Mac Allister Apollo.

"Daphne " possiede in effetti, in quanto teatrale, le parvenze del dramma tragico ma chiamarla "tragedia" sembra forzato; non tanto perché il soggetto consti d'un mito metamorfico estraneo al repertorio tragico, ma perché la sua trama s'incentra sullo scandaglio d'una misteriosa interiorità quella della fanciulla Daphne ; che fin dall'inizio ci appare avvolta dal suo mondo, quello della natura vegetale, e che, fin dallšinizio, prova un profondo disagio nei confronti di tutto ciò che appare transeunte (il calar del sole) ed umano (l'amore "personale" di Leukippos): tutti aspetti e contenuti che annullano l'idea stessa di sviluppo drammatico e rendono il finale qualcosa di implicito sin dalle prime battute. Gli eventi sono investiti di valenze simboliche, tali da far apparire come necessario e predeterminato quanto sulla scena appare fortuito.

Il fascino impenetrabile di Daphne è nella sua enigmatica chiusura al mondo: una chiusura che solo l'amore, purché fattosi morte (quella di Leukippos), riesce a violare. In quel momento rivelatore emerge in Daphne un'emotività talmente sofferta da suscitare la pena di Apollo, che si commuove ed intercede presso Zeus affinché alla giovane sia restituita in forma eterna l'imperturbabilità cui la sua vita aveva aspirato. Il soggetto di Daphne verte intorno al fascino della riservatezza femminile; fascino avvertito come il frutto d'una sensibilità talmente profonda e delicata da preferire l'isolamento e la negazione di sé alla vita su questo mondo.

Stasera alle 19 al Teatro La Fenice. gt