CORRIERE DELLA SERA
sabato, 31 dicembre 2005

In prima moderna a Venezia il "Mitridate" di Nicola Porpora
Barocco con slancio

Era nato come spettacolo semiprivato, che la ditta di tessuti Rubelli aveva commissionato all’Accademia dell’Arcadia in Musica di Bibbiena per celebrare alla Fenice di Venezia i propri 50 anni d’attività. Poi, rivelatasene la qualità, la Fondazione lirica lagunare l’ha inserito in cartellone, promuovendone tre recite pubbliche al Teatro Malibran tra Natale e Capodanno.

Il popolo degli appassionati del barocco ha scoperto così, in prima rappresentazione moderna, l’alto grado d’invenzione del Mitridate di Nicola Porpora: un’opera che il musico napoletano redasse in due diverse edizioni - una romana del 1730 e una londinese del 1736, con Farinelli e la Cuzzoni nel cast - e che lo staff dell’Accademia toscana ha riproposto in forma di collazione innestando le arie scritte per tali voci leggendarie sul corpo dell’edizione primitiva (ma con qualche taglio di troppo).

Come mille altri titoli di primo ’700, anche Mitridate vive di una Sinfonia, di molti recitativi secchi, qualche "accompagnato", qualche numero d’insieme, e molte arie con "da capo" e senza, strutturate con esposizione del tema, ciclo di progressioni e gruppo di cadenze: una struttura ripetitiva eppure mai monotona, e per lo slancio dei periodi melodici e per l’imprevedibilità della condotta armonica.

Insomma, un piccolo gioiello, al quale il pubblico ha tributato prolungati applausi in virtù della corretta concertazione di Massimiliano Carraro a capo dell’ensemble "La Officina de li Affetti" e della messinscena lineare e pulita, quasi ai limite dell’oratoriale, di Massimo Gasparon, che s’è servito d’un apparato scenico essenziale: 12 colonne e 6 pletorici, coloratissimi costumi. Bene anche il cast, con particolare distinzione per Sara Allegretta, Mario Cassi e Alexandra Zabala.

Enrico Girardi

 

Giornale della Musica
5 dicembre 2005

Porpora piccolo lusso

Cosa c'è di più appropriato d'un festival barocco nella patria dei Galli di Bibiena e in un antico teatrino, riportato a forme barocche dopo essere stato deturpato per farne un cinematografo? Invece di disperdere le forze, ci si sta concentrando sulla riscoperta d'uno dei più grandi e misconosciuti compositori dell'opera seria, Nicola Porpora, dimostrando che i londinesi, preferendolo a Haendel, avevano forse esagerato ma non avevano preso lucciole per lanterne. L'anno scorso c'era stato un confronto diretto tra Acis and Galatea dell'uno e Polifemo dell'altro, quest'anno invece ci si è limitati a una sola opera, Mitridate di Porpora, che sarà ripresa anche a Venezia.

Si sono mescolate la versione romana del 1730 e quella londinese del 1736, con una opinabile interpretazione delle regole filologiche moderne (ma anche all'epoca le opere venivano rimaneggiate ogni volta...) però ne è uscita ribadita la grande statura di Porpora, uno dei pochi a saper dare drammaticità anche alla statica opera seria. Forse Mitridate è inferiore a Polifemo ma osa perfino un finale tragico, con un intenso recitativo accompagnato del protagonista, che fa pensare alla seconda versione del Tancredi di Rossini.

Interpreti molto giovani: alcuni (Sara Allegretta, Mario Cassi) già cantano con i più accreditati barocchisti, altri sono ancora poco esperti, ma tutti riescono a dare l'idea del canto barocco. Massimiliano Carraro dirige senza estro, ma ha qui a sua disposizione, effettivamente, un'orchestra di soli novi elementi, cioè meno della metà dei venti e più di un'orchestra londinese dei tempi di Porpora e Haendel. Massimo Gasparon dà ai personaggi pose statuarie e lussuosi costumi con strascichi e pennacchi, in una scena fissa che riesce a creare un grandioso palazzo porticato in pochi metri di palcoscenico: un barocco già visto e rivisto, ma elegante.

Mauro Mariani

Arcadia in Musica - Festival Barocco
Bibbiena, Teatro Dovizi

 

Operaclick.com
15 ottobre 2005

Venezia, Teatro La Fenice
Niccolò Porpora: Mitridate

E’ raro poter assistere ad una serata ove musica, arte scenica e mondanità trovino tra di loro perfetta integrazione; questa felice alchimia di circostanze ha trovato pieno compimento in occasione della prima rappresentazione in tempi moderni del "Mitridate" di Niccolò Porpora, allestitito per festeggiare i primi cinquant’anni di attività imprenditoriale di Alessandro Favaretto Rubelli, patron dell’omonima, ultracentenaria, azienda produttrice di preziosi tessuti veneziani.

Del Mitridate di Porpora, che, come il successivo Mitridate, re di Ponto di Mozart, si rifà all’omonima tragedia di Racine, esistono due versioni; la prima, rappresentata a Roma in occasione del Carnevale del 1730, ebbe protagonista il Caffarelli Sifare, la seconda, rappresentata a Londra nel 1736, vide quale Sifare il Farinelli, per il quale il compositore napoletano scrisse nuove arie. L’edizione "veneziana", curata da Massimo Gasparon e Bernardo Ticci, è, di fatto una silloge delle versioni romana e londinese, con tagli ai recitativi e il sacrificio alcune arie, effettuati per poter rappresentare l’opera in un unico lungo atto. Il risultato finale è assolutamente convincente e filologicamente intrigante, in quanto restituisce appieno lo spirito dell’opera senza stravolgerne il senso drammaturgico.

La regia di Gasparon è piacevolmente stilizzata, i movimenti dei personaggi appaiono quasi ritualizzati, senza tempo nella loro semplicità eppure sempre suggestivi e capaci di fondersi con la parola cantata. Belle le scene: dodici semplici colonne corinzie rivestite di velluto damascato, un’ ara, un "agrippina" ed una nave di marmo forniscono gli elementi essenziali ad ambientare l’azione in un’ antichità più neoclassica che ellenistica.

Un plauso ammirato va ai costumi, firmati anch’essi da Gasparon, tutti realizzati coi preziosi damaschi di Rubelli e che sembrano usciti da un dipinto della grande "maniera" veneziana, pur se di foggia settecentesca. Davvero indescrivibili le emozioni suscitate dai colori: il cremisi e l’oro di Mitridate, il rosa antico di Laodice, il bianco avorio ed il glicine di Sifare, l’ argento antico ed il perla di Fornace, il giallo ed il pervinca di Ismene, il verde reseda e l’arancio ocra di Arbate.

Anche per quanto attiene la musica la serata ha presentato note positive.

La direzione di Massimiliano Carraro, alla testa dell’ottima compagine de "La Officina de li Affetti", è stata attenta ed appropriata, anche se alla musica di Porpora avrebbero giovato tempi un po’ più serrati e, a tratti, anche sostenuti con maggior vigore.

Bene Sara Allegretta, che, dopo un inizio guardingo, ha reso con buona proprietà vocale ed ottime doti sceniche il difficile ruolo di Sifare, dimostrando un’ottima propensione per il repertorio barocco. Positiva anche la prova del giovane soprano colombiano Alexandra Cabala, Laodice, che è dotata di bel timbro e di agilità sicure, unite ad una presenza scenica notevole. Le rimproveriamo solo una scarsa attenzione alla dizione. Il tenore Mario Cassi, voce brunita e benissimo proiettata è stato un Arbate autorevole e del tutto convincente. Molto bene, forse la migliore in scena, Erika Pagan, voce non grandissima ma ben educata ed assai piacevole, che ha tratteggiato un’Ismene afflitta ma mai patetica o sopra le righe. Discreto il Farnace di Maria Laura Martorana, la quale si è ben destreggiata nelle impervie agilità delle sue arie pur risultando talora sfocata nei sovracuti. Consideranto la giovane età e la bontà del materiale vocale in suo possesso potrà migliorare molto. Al di sotto della media della compagnia il Mitridate del giovanissimo Anicio Zorzi Giustiniani. La sua voce di tenore contraltino è decisamente piccola e non perfettamente timbrata; a questo va aggiunta una padronanza del mezzo non ancora a livelli d’ eccellenza , la quale fa sì che la voce risulti spesso "indietro". L’interpretazione è comunque rimarchevole.

Alla fine il pubblico internazionale ed elegantissimo che gremiva la sala, assenti i politici ed i soliti presenzialisti, ha decretato un giusto successo alla serata.

Alessandro Cammarano