"Erwartung"di Schoenberg e "Francesca da Rimini"di Rachmaninov Venezia. Alla Fenice l'accostamento di "Erwartung " (attesa) di Schoenberg (1909) al "Francesca da Rimini" di Rachmaninov (1904) può sembrare eterodosso, ove si pensi alla enorme distanza drammatica e musicale tra le due opere. Eppure questo singolare dittico consente di approfondire i diversi orientamenti del teatro musicale del primo 900 tra Vienna e Mosca. "Erwartung " è la rappresentazione del delirio di una Donna in attesa dell'amante, che scopre cadavere in un bosco vicino alla casa della rivale; "Francesca da Rimini" evoca il celebre episodio dantesco di Paolo e Francesca e l'omicidio di Lanciotto (ovvero Gianciotto). Da un lato un protocollo dell'espressionismo; dall'altro una enfatizzazione della drammaturgia di Ciaikovski in cui si incrocia una vocalità vicina al declamato di Mussorgski e all'enfasi verista, sorretta da livori cromatici Wagneriani. "Erwartung " è uno dei capolavori del 900 storico viennese, "Francesca esaspera la tradizione teatrale russa con una ricerca sinfonica sofisticata, ove si coglie, pur in un testo composito, il segno di un musicista rilevante. La realizzazione scenica di due opere così dissonanti, pone non pochi problemi. Il regista Italo Nunziata, con lo scenografo Pasquale Grossi, aveva offerto alla Fenice una brillante versione del "Don Pasquale"; in Schoenberg ha voluto uscire dai livori espressionisti, dagli incubi notturni, dall'esaltazione dell'orrore. Eppure ci sono le note di regia, come i bozzetti originali (di un cupo realismo allucinatorio e allucinante) dello stesso Schoenberg su cui varrebbe la pena di riflettere anche per una eventuale attualizzazione. Certo le vie dello spettacolo sono molteplici; e tuttavia ideare l'impianto scenico con elementi geometrizzanti (seppure armoniosamente minimalisti) ci porta lontano dalle lunari ossessioni e dalle sinistre visioni dell'opera. È un'ambientazione visiva quasi da Art déco: un lineare "muro vetrata" a riquadri, che separa l'interno dall'esterno, un letto al centro del palcoscenico, (allusione a una clinica psichiatrica?), tre porte che si aprono e si chiudono, specchio dell'isteria mentale della protagonista, e sullo sfondo un paio di ampi schermi su cui si proiettano alberi e una casa stilizzata. Tutto si svolge come un esplicito racconto psicanalitico con una luminosità che compromette gli abissi angosciosi dell'opera, le febbrili ambiguità emotive: "Erwartung " è la testimonianza estrema della Notte romantica. Le tenebre dell'opera implicano letture molteplici e anche contraddittorie: compete allo spettatore individuare i propri personali percorsi interpretativi. Nunziata ci offre invece una soluzione univoca al di la del mistero simbolico del monodramma: ovvero una Donna in preda alla pazzia che diviene omicida. Peccato, perché il disegno narrativo è realizzato con sobrietà e la scenografia è elegante. Totalmente diverso l'impianto scenico della "Francesca da Rimini". Qui Italo Nunziata e Pasquale Grossi, con alcuni riferimenti figurativi contemporanei, ricreano soprattutto uno spazio "infernale", di viscerale cupezza, con un labirinto semovente di specchi che moltiplica la presenza delle anime dannate. Prevale l'intenzione debordante, un polivalente montaggio quasi cinematografico. Tutta l'impostazione visiva sembra esaltare le premesse del prologo, ove Rachomaninov negli striscianti colori sinfonici e nei lamenti corali a bocca chiusa (versione accesamente carica delle "sirenes" di Debussy) riesce a creare un clima di accalorata drammaticità. Hubert Soudant è l'eccellente animatore dell'esecuzione. Soprattutto ha liberato "Erwartung " da qualsiasi ascendenza tardo romantica per orientarla verso le zone radicali della nuova musica. Il direttore olandese punta sulla valorizzazione della "melodia timbrica", anzi sulla chiarificazione della polifonia attraverso il timbro. Ne escono gelidi stupori, trasparenze cameristiche, taglienti ossessioni, una dinamica fortemente divaricata. Il magnifico soprano drammatico russo Elena Nebera caratterizza con intatta precisione i la certi di una vocalità frantumata e dispersa, che comunque si organizza in periodiche eccitazioni cantabili. Mentre in Schoenberg Soudant lavora al microscopio sui timbri e sulle strutture, senza nostalgie per il fine secolo viennese, alla ricerca di una rigorosa modernità, in Rachomaninov tende invece all'ipertrofia sinfonica, alle arroventate iperboli. L'orchestra della Fenice segue con autorevolezza il direttore esigente ed analitico. Il coro a bocca chiusa, guidato da Emanuela Di Pietro, presenta una livida ansietà, il baritono Igor Tarasov, Lanciotto il vero protagonista dell'opera, esibisce in un eloquente monologo memore del "Boris", una scabra declamazione. Le figure di Francesca e Paolo, musicalmente sbiadite, erano impersonate dal toccante soprano georgiano Jano Tamar e dal tenore Sergey Kunaev. Accoglienze festose ed entusiastiche per entrambi gli spettacoli. Mario Messinis | |
Venezia Teatro La Fenice Sergej Rachmaninov FRANCESCA DA RIMINI "Erwartung" e "Francesca da Rimini", due storie di donne, composte a tre anni di distanza l’una dall’altra, profondamente diverse per approccio e concezione drammaturgica e diametralmente opposte per quel che attiene alla musica, nuova e dirompente la prima, legata senza speranze ad un passato che è incapace di rinnovare la seconda. Se in Erwartung Arnold Schoenberg sceglie la formula di un monodramma, nel quale le ansie, le paure, le allucinazioni di una donna senza nome diventano, attraverso la musica, anche le nostre, lasciandoci alla fine preda di una sensazione di "non finito", nella sua "Francesca da Rimini" il giovane Rachmaninov persegue la via di una narrazione calligrafica dell’episodio del Canto Quinto dell’Inferno dantesco, nella quale la ricerca, spesso esasperata, dell’enfasi romantica finisce per divenire più fine a se stessa che non funzionale al discorso musicale. Profondamente diversi anche i due libretti: se per Erwartung la scrittrice e poetessa Marie Pappenheim, che ben conoscev a gli allora recentemente pubblicati studi sull’isteria di Freud, opta per una versificazione scabra, nella quale le domande, i dubbi, gli interrogativi prevalgono sulle risposte e sulle certezze, il fratello minore di Piotr Cˇajkovskij , Modest, confeziona per la Francesca un libretto iperglicemico e, francamente, pure un po’ incongruente con le proprie intenzioni iniziali; dell’Inferno di Dante non vi è praticamente nulla, a parte alcuni richiami nel prologo e nell’epilogo e le figure di Dante, che sarà poi Paolo e di Virgilio, in seguito Lanciotto (sic!), restano sostanzialmente slegate ed isolate nell’economia drammaturgica dell’opera. La musica di Rachmaninov è genericamente "romantica", piena di citazioni, talora al limite del plagio, di MusorgskiJ e di Cˇajkovskij, talora mielosa sino al fastidio e a tratti anche un po’ rumorosa; per non voler sembrare iconoclasti fuor di misura diremo che non ci č spiaciuto il coro iniziale, nel quale c’è un barlume di attenzione al nuovo, musicalmente parlando.Sembra quasi impossibile che due opere cronologicamente tanto vicine, del 1906 la Francesca, del 1909 Erwartung, possano risultare così incredibilmente distanti tra di loro: realmente contemporanea e tesa al futuro la seconda, irrimediabilmente perduta in un passato consumato la prima. La scelta del Teatro La Fenice di rappresentare i due antitetici atti unici nella medesima serata ci è parsa coraggiosa ed azzeccata, come vincente ci è parso l’aver affidato la regia di entrambe le opere ad Italo Nunziata che, con l’ausilio delle bellissime scene ed i costumi di Pasquale Grossi edv il light design splendido e denso di significato di Patrick Latronica, ha rivisto Erwartung sotto una nuova e condivisibile luce ed ha contribuito a renderci almeno parzialmente accettabile la Francesca. Per il monodramma di Schoenberg Nunziata e Grossi scelgono un’ambientazione all’interno di uno spazio chiuso, bianco, nel quale si aprono porte imbottite: una casa o la stanza di una clinica? Una seggiola e due vasi di fiori rovesciati a terra: forse il segno di una lite e di una lotta? Infine un letto, sul quale, parzialmente coperto dalle lenzuola, giace il cadavere dell’amante della donna. Nel corso dell’azione la Donna si spoglia; vedremo allora la sua sottoveste macchiata di sangue: è dunque ella stessa ad aver ucciso l’amante che va cercando nel bosco, ma, in questo caso, il bosco notturno, pieno di tutti i suoi terrori, è al suo interno, è parte di un inconscio che la Donna è incapace di accettare e rimuovere. Intelligente ed interessante, oltre che pienamente condivisibile. Nella Francesca da Rimini è ancora il simbolismo che prevale: i protagonisti hanno, inizialmente, il volto coperto da maschere che coprono il volto e ne rendono indefiniti i tratti. Paolo, Francesca, Lanciotto si riflettono e si moltiplicano all’infinito negli specchi che costutuiscono la scena, la quale si segmenta continuamente su livelli diversi; bello ed efficace. Molto, molto bene anche la parte musicale, grazie ad una direzione rimarchevole ed una compagnia di canto, russa per tre quarti e georgiana per il restante quarto, che ancora una volta ha mostrato di cosa sia capace di produrre la scuola di canto dei paesi dell’Est europeo quanto a potenza e bellezza di voci e padronanza tecnica. Hubert Soudant ci ha convinti sino in fondo in Erwrtung, della quale ha offerto una lettura giustamente asciutta, quasi scabra, ma attentissima a mettere in risalto la incredibile miriade di soluzioni timbriche, armoniche ed agogiche concepite da Schoenberg. Molto bene anche la lettura della Francesca, nella quale il direttore ha scelto di porre in luce i pochissimi elementi innovativi della musica, badando a non cadere alla tentazione di eccedere nell’anacronistico romanticume del quale la partitura è zeppa. Molto bene, si diceva sopra, le voci, tutte, a partire da Elena Nebera che, in Erwartung, ha regalato emozioni a non finire. Nebera possiede una voce imponente per volume, morbida nel timbro, solida quanto a tecnica, autorevole nel fraseggio, voce alla quale si aggiungono avvenenza fisica e doti interpretative notevolissime. Per lei un successo pieno e assolutamente meritato. Nella Francesa ha brillato il Lanciotto-Virgilio di Igor Tarasov, baritono chiaro, nella linea tradizionale della scuola russa; Tarasov impressiona per la potenza del mezzo vocale e per la capacità di proiezione dello stesso, essenziali per non soccombere ad una tessitura assolutamente impervia e scomodissima. Bene anche Iano Tamar, che ha dato vita ad una Francesa rassegnata ed immamoratissima. Il soprano georgiano ci è parso in ottima forma vocale e si è destreggiato con sicurezza in una parte obbiettivamente tutt’altro che facile. Lode, infine, anche a Sergiej Kuanev, Dante e Paolo, che, nonostante qualche acuto un po’ sbiancato, ha condotto in porto con onore la sua prova, uscendo indenne dal massacrante, interminabile duetto con Francesca. Più che positiva la prova dell’orchestra, a suo agio più in Schoenberg che in Rachmaninov, ed, infine, molto buona la prestazione del coro, preparato da Emanuela Di Pietro, nei suoi brevi interventi nella Francesca. Sarebbe scorretto non menzionare i suggestivi contributi filmati di Marzia Migliora, Elisa Sighicelli e Jacob Kirkegaard per l’opera di Rachmaninov. Al termine unanime meritato successo per tutti. Alessandro Cammarano ERWARTUNG (Attesa) FRANCESCA DA RIMINI libretto di Modest’Il’icˇ Cˇajkovskij musica di Sergej Rachmaninov (prima rappresentazione italiana in forma scenica) | |
Alla Fenice tra tensioni d'amore e di stile Un accostamento sulla carta intrigante, quello tra Erwartung e Francesca da Rimini: evidentemente sbilanciato, si capisce, dalla parte di Schönberg per quanto riguarda il valore dell'opera – quella di Rachmaninov, su libretto di Cajkovskij fratello è abbastanza modesta – ma testimone di un primo decennio del Secolo Ventesimo fervido di cambiamenti (e ripiegamenti). La regia di Italo Nunziata pone la protagonista di Erwartung in uno scenario che evidenzia la natura psicoanalitica del testo: brava Elena Nebera a muoversi tra le porte di un luogo che dall'originario bosco diventa più che altro una clinica dove la scoperta dell'amante ucciso (da lei stessa?) è immersa in un onirismo lucido, ma a tratti un po' statico – è il problema principale della messa in scena di Erwartung – e vagamente didascalico. Per Francesca da Rimini il regista lavora invece con piani e specchi, tutto molto suggestivo, con i dannati che si muovono e danzano con in volto coperto da una maschera di rete metallica. Igor Tarasov è un Malatesta convincente e fanno il loro dovere anche i "poveri" Paolo e Francesca, con l'orchestra del Teatro che asseconda bene i turgori non eccelsi della partitura. Hubert Soudant, che deve passare dalla tensione al nuovo di Schönberg al tardo romanticismo di Rachmaninov, si dimostra sensibile e flessibile, evidenziando del primo le qualità timbriche e lasciando che orchestra e coro dipingano con colori drammatici le pagine della vicenda dantesca. Forse poco appariscente, quella di accostare i due lavori è una via consapevole e coerente per rendere consueto un raffronto tra le opere, specie quelle del Novecento. Enrico Bettinello | |
EL PAIS La Fenice acierta con obras complejas J. A. VELA DEL CAMPO - VeneciaEl bellísimo teatro de La Fenice de Venecia no parece haber tomado la programación más accesible para los gustos asentados del público, después de su última reapertura en enero de 2007. Primero, fue un título de Meyerbeer (con Pier Luigi Pizzi de director escénico), después otro de Wolf-Ferrari, y ahora un doblete Schönberg-Rachmaninov, con Erwartung del primero, y Francesca da Rimini del compositor ruso conocido sobre todo por sus populares conciertos para piano y orquesta. El monodrama expresionista alemán era la quinta vez que se representaba en La Fenice; la tercera y última ópera de Rachmaninov jamás se había puesto en escena en Italia. Ambos títulos se estrenaron en la primera década del siglo XX. Francesca da Rimini se inspira en el canto quinto del Infierno de la Divina comedia, de Dante. El libreto es de Modesto Chaikovski, hermano menor del compositor de La dama de picas. Hasta 30 óperas ha suscitado este episodio de Dante. La más famosa es la de Riccardo Zandonai, de 1914, en el ámbito italiano. En el francés destaca la de Ambroise Thomas y en el ruso la de Rachmaninov. La recuperación de esta pieza ha supuesto una sorpresa mayúscula. La herencia rusa se manifiesta en las influencias más o menos evidentes de Mussorgski, Chaikovski y Scriabin. Los acentos eslavos son poderosos y el dúo de amor del segundo acto entre Paolo y Francesca tiene una fuerza paradigmática. La componente operística pasional no solamente se huele; también se comparte y hasta se contagia. A ello contribuye lo suyo la prestación vocal de un elenco íntegramente ruso, con Iano Tamar, Serguéi Kunaev e Igor Tarasov. Dirige un maestro avezado, Hubert Soudant, habitual en Salzburgo, y está al frente de la realización escénica Italo Nunziata, que encuentra un justo equilibrio entre la ensoñación y el dramatismo realista. La acogida de la obra en Venecia fue muy cálida. La Fenice ha elegido un camino aparentemente complicado, pero no le va mal, al menos por ahora. | |
Venezia Teatro La FeniceArnold Schönberg Erwartung / Sergej Rachmaninow Francesca da Rimini Auf den ersten Blick eine überraschende Zusammenstellung mit Arnold Schönberg und Sergeij Rachmaninow. Aber bereits die zeitliche Nähe der Kompositionszeit, 1909 die erstere, 1906 die zweite, ist bedeutungsvoll - und in beiden ist ein großes Orchester eingesetzt, schwelgerisch, einerseits deutlich von der Spätromantik, anderseits vom Expressionismus geprägt (auch Rachmaninow!). So zeigt sich, dass das Klangbild beider Werke gar nicht so weit voneinander entfernt liegt. Und Schönbergs Musik hat nach fast 100 Jahren für die meisten Opernbesucher ihren Schrecken verloren. Die Aufführung selbst war eindrucksvoll, hervorragend und überzeugend. Italo Nunziata schuf eine starke Personenführung, die Bühne für beide Stücke bestand aus modernen Architektur-Teilen (in der zweiten Oper sind sie spiegelnd), die Kostüme waren kleidsam und ästhetisch – Ausstattung Pasquale Grossi. Patrick Latronica gestaltete eine ganz vorzügliche Lichtregie. Großen Eindruck machte es z. B. als das unglückliche Liebespaar am Ende des großen Duetts in gleißendem Licht dastand. Fachkompetenz, Umsicht und voller Einsatz, sowie ein feiner Klangsinn für beide Werke besaß in reichem Maße der Dirigent Hubert Soudant, auch das Fenice-Orchester ließ sich von ihm motivieren. So entstand ein ganz großartiger Klang, welcher dennoch die Sänger nicht zudeckte. Es war eine große Freude zuzuhören. Bewundernswert meisterte Elene Nebera ihre Rolle als „Die Frau" in Schönbergs Monodrama und sie konnte auch die seelischen Zustände einer solchen Lage ausdrücken. Sie wurde auch ganz stark akklamiert. Rachmaninows Oper beginnt mit einem Prolog in dem Vergil Dante durch das Inferno führt und ihm das unglückliche Liebespaar zeigt. Im 1. Akt verabschiedet sich der grausame und missgebildete Lanciotto von seiner Frau Francesca um in den Krieg zu ziehen. Obwohl sie durch arglistige Täuschung zur Ehe gezwungen wurde, vermisst er ihre Liebe. Im 2. Akt lesen sie und Paolo, der schöne, gefühlvolle Bruder ihres Ehemannes, den Liebesroman über Lanzelot und Guinevre. Was Dichtung ist, wird bei ihnen zur Wirklichkeit. Lanciotto kehrt zurück und ermordet beide. Im Epilog wird das traurige Ende einer großen Liebe beklagt. Vergil und Lanciotto wurde von Igor Tarasov mit prachtvollem Bariton gesungen, ganz besonders seine große und lange Soloszene im 1. Akt gelang mehr als überzeugend. Sein Timbre ist wohlklingend, farbig, mit rundem, ausgeglichenem Ton. Die auch in Wien beliebte Iano Tamar war die getäuschte Francesca. Es ist eine hochliegende Partie, welche sie mit großer, im Duett sich sehr steigender Intensität gestaltete. Ihr geliebter Paolo und Dante war der Tenor Sergey Kunaev. Auch seine Rolle enthält zumeist Passagen, die sehr hoch liegen. Er hat eine typisch russische Stimme von hellem, aber nicht scharfem Klang. Das schon erwähnte große Liebesduett steigerte die Spannung bis zum Siedepunkt. Die Vorstellung wurde ein sehr großer Erfolg. Das Publikum war sichtlich und hörbar beeindruckt und begeistert und feierte alle Mitwirkenden. Es war auch wirklich ein außergewöhnlich schönes Opern-Erlebnis. Martin Robert BOTZ | |
The Opera Critic A double bill of pain and misery An unconventional double bill featuring Arnold Schoenberg's monodrama Erwartung and Sergej Rachmaninov's rarity Francesca da Rimini enjoyed a well deserved success at Venice's Teatro La Fenice. The two pieces, although written in the same period (Erwartung premiered in 1909, Francesca DA Rimini in 1906), display significant differences, the most obvious lying in the tonal nature of Rachmaninov's composition, as opposed to Schoenberg's atonal music. While Erwartung has been shown several times in Venice before, for Francesca DA Rimini this was a national premiere. Stage director Italo Nunziata tried to find a unifying theme for the two works with the idea that the they refer to pain and misery. However, while in Francesca DA Rimini we find a representation of hell in a nether world, which comes after death, in the faithless world of Erwartung hell is on earth, a part of life. Another element of unity is defined by the presence of the forest, in which the protagonists have in various ways got lost. Both forests are metaphors of the subconscious mind, where reason is lost, rather than real forests (even if Schoenberg asked for a real forest for the staging of his monodrama). In Erwartung, the forest is only hinted at by a drawing on the background. The woman, Russian soprano Elena Nebera, wanders through the rooms of a flat, where she uncovers the body of her dead lover in a bed. When she takes out her coat, her gown is stained in blood, an indication that the director has chosen, among various available interpretation, the one that librettist Marie Pappenheim suggested in a passage later cut off by Schoenberg: she is the murderer. Nebera sustained with commitment the demanding role, tirelessly molding her flexible voice according to the score, in a somewhat accented German. The forest, projected as a whirling image on a screen, introduced Dante and Vergil wandering among the sinners in Francesca DA Rimini. The souls of those overcome by lust, that Dante describes as blown around by a violent storm, moved barefoot and with their faces covered by a fencing mask, their number multiplied by mirrors that constituted the only sets. After the short prologue, Francesca tells Dante her story. She recalls her husband Lanciotto (baritone Igor Tarasov, who also sang the role of Vergil), thinking in a troubled mood of his doubts about his wife and describing his plan to leave her with his brother Paolo, to see if she will betray him. He then talks to Francesca (soprano Iano Tamar), who meekly accepts her husband's decision. Then comes the duet between Francesca and Paolo (tenor Sergej Kunaev, who was Dante in the prologue), and the kiss which eventually brings them to death. In the end, the forest whirls again while the chorus sings Francesca's words "nothing is worst than recalling a lost bliss in pain". The score demands for a wide range, especially for the tenor and the soprano, and Kunaev was slightly at odds with the top notes, while Tamar and especially Tarasov proved at ease throughout the registers. The contribution of the chorus, which was placed in the front boxes, was outstanding. Hubert Soudant conducted with skill the orchestra of the Teatro La Fenice. The house was quite full, if not packed, and the audience visibly enjoyed the performance, giving a final tribute of applause to all singers, the conductor and the director. | |