AL TEATRO LA FENICE Venezia. Se il repertorio teatrale barocco veneziano viene proposto a ogni stagione della Fenice lo si deve alla collaborazione con la facoltà di Design e Arti dello Iuav di Venezia. Nata come iniziativa essenzialmente didattica, è divenuta uno dei punti di forza della programmazione del nostro teatro e un fondamentale contributo alla conoscenza di Francesco Cavalli , il protagonista delle scene veneziane del seicento dopo Monteverdi. Alla Didone è succeduta l'altra sera al Malibran La virtù de' strali d'Amore (in prima rappresentazione nazionale nei tempi moderni), su indicazione di Carlo Majer, il responsabile del laboratorio integrato dello Iuav affidato ai professori Davide Livermore (regia), Tiziano Santi (scenografia) e Vera Marzot (costumi). Solo lo studio delle prassi esecutive d'epoca ha consentito, soprattutto nell'ultimo trentennio, la rinascita di un teatro esattamente definito per quanto concerne il canto, ma affidato a una scrittura stenografica per lo strumentale. Fabio Biondi (anche revisore dell'opera) e il suo complesso Europa galante non hanno rivali oggi nella ricerca della cosiddetta autenticità storica (basti pensare alla sapiente strumentazione e alla qualità degli strumentisti). Lo spettacolo, ideato dagli studenti dello Iuav, che però rispecchiano fedelmente le idee dei loro docenti, potrebbe essere ripreso anche dai più reputati enti lirici. Il seducente libretto è di Giovanni Faustini, poeta raffinato, interessato a una drammaturgia caleidoscopica, dalla spregiudicata frenesia erotica (è la Venezia libertina del tempo, legata ai circoli letterari dell'Accademia degli Incogniti). La moltiplicazione dei piani drammatici, persino troppo rigogliosa e intricata, sollecita il compositore: la freschezza dell'invenzione pastorale è ben diversa dalla cupa drammaticità della Didone scritta solo un anno prima. Nel 1642 Faustini e Cavalli, collaboratore di Monteverdi soprattutto per la ormai prossima Incoronazione di Poppea, creano una commedia, molto piacevole, espressione dello spirito impresariale e commerciale del teatro veneziano a pagamento, lontano dall'aulica aristocrazia del teatro di corte. È una specie di rivista, quasi un musical seicentesco. Non c'è la creatività dell'Egisto o del Giasone (i successivi capolavori di Cavalli), ma la godibilità e la sorpresa sono assicurate. La vicenda si svolge all'isola di Cipro ed è quasi indecifrabile. C'è un gioco di intrecci amorosi (le coppie Pallante e Meonte, Cleria ed Erabena); c'è il rissoso mondo degli dei, demitizzati e irrisi, con Amore che scompiglia l'azione con le sue saette (gli strali d'Amore del titolo); c'è infine il richiamo alla commedia dell'arte delle classi inferiori. Si avvicendano vari luoghi fissi della drammaturgia veneziana: magie e travestimenti, allegorie della società lagunare, follie e tradimenti, sempre all'insegna dell'illusione scenica e dell'inverosimiglianza, stimolate dalle innumerevoli fonti letterarie. Dopo un primo atto un po' spento e ripetitivo, l'opera prende quota e diverte nei due atti successivi, perché i momenti cantabili si intensificano. Le linee vocali trapassano con estrema duttilità dalla declamazione all'arioso, da ariette, arie e lamenti ad avvincenti, talora irresistibili duetti. I meccanismi multipli di quinte e fondali, proprie della tradizione scenografica seicentesca, sono mirabilmente sostituiti da essenziali strutture geometriche. La varietà degli intrecci è esaltata invece dalle intelligenti sorprese e stravaganze registiche (tutti i cantanti recitano come attori) e dall'avvicendarsi di luci incantevoli. Il prologo del libretto - non ci è pervenuta la musica - è recitato da tre cantanti in costumi d'epoca. I costumi moderni sono bellissimi e molto variegati: un modo per evocare in termini attuali le meraviglie dell'arte barocca. Nella compagnia stilisticamente inappuntabile (13 cantanti per ben 36 ruoli) emergono le voci femminili, la grazia di Cristiana Arcari, Roberta Invernizzi, Gemma Bertagnolli, Donatella Lombardi. Le voci maschili principali sono Juan Sancho, Filippo Adami, Roberto Abbondanza. Come al solito il volume-programma è curato con esemplare competenza musicologica. Mario Messinis |
SPETTACOLO con "La virtù dè strali d'Amore" MIRKO SCHIPILLITI VENEZIA. Vi ricordate "Orione" e "Didone" di Francesco Cavalli? E soprattutto sapete chi era Cavalli? L’opera del Seicento è un osso duro, rarità e difficoltà interpretative, strutture teatrali e percettive assai lontane dalle nostre, tempi d’ascolto contrari alla rapidità di fruizione della nostra epoca che vorrebbe tutto subito. Ma sono esperienze da percorrere. Ascoltammo Cavalli appunto con "Orione" diretto da Andrea Marcon ai debutti con l’Orchestra Barocca di Venezia, prodotto dalla Fenice nel 1998, che nel 2006 propose anche "Didone" con L’Europa Galante. Quest’anno ritorna su quest’autore semidimenticato con La virtù dè strali d’Amore, in scena da stasera alle 19 al Teatro Malibran, confermando il sodalizio stretto da alcuni anni per l’allestimento di opere del ’600 e ’700 con l’esperto ensemble di specialisti su strumenti originali Europa Galante guidato dal violinista Fabio Biondi, che l’anno scorso realizzò due titoli vivaldiani. Agli albori del melodramma, Francesco Cavalli (1602-1676), che fu allievo e collaboratore di Monteverdi (anche organista a San Marco), compose una quarantina di opere teatrali, fra cui La virtù dè strali d’Amore (leggi "Il potere delle frecce di Cupido"), "Opera tragicomica musicale" in un prologo e tre atti, riemersa ora in prima esecuzione in tempi moderni nella revisione dello stesso Biondi, opera tutta veneziana andata in scena nell’antico teatro San Cassiano nel 1642. Riproporla ora non è archeologia in senso stretto, ma doverosa realizzazione di un patrimonio musicale tutto italiano (soprattutto operistico) che giace dimenticato e impolverito da secoli in biblioteche e fondi, e che al pari delle opere architettoniche e artistiche in genere, necessita di un restauro e di una presentazione. In quest’opera vi sono innumerevoli personaggi (ventuno!), mito, magie, aristocrazie, amori, travestimenti, grandi recitativi, canzoni e lamenti, libertà interpretative, allestimento appariscente e spettacolare costellano l’opera secondo le usanze del tempo. Tutto si fa voce e la voce incarna ogni sfumatura di quanto accade sulla scena, vocalità estremamente varia e difficile per quanto richiede agli interpreti. Non dimentichiamo infine l’opportunità che viene offerta ai giovani studenti di conoscere l’opera allestendola, poiché regia, scene e costumi di "La virtù dè strali d’Amore" sono realizzati dalla Facoltà di design dell’Università di Venezia. Nella fitta programmazione musicale di queste settimane, questo momento operistico molto speciale merita davvero attenzione. |
NonSoloCinema anno V n. 2 © 2008 lunedì 13 ottobre 2008 Al Gran Teatro la Fenice l’opera "Le virtù de’strali d’amore" di Francesco Cavalli Articolo di Flavia Crisanti
L’allestimento, poi, ha confermato il sodalizio con l’Università di Architettura di Venezia, facoltà di Design e Arti, che cura la regia, le scene e i costumi. Tuttavia è proprio la messa in scena che rappresenta il neo dello spettacolo, che manca per originalità e si ripete in un continuo dejà vu. L’opera, poco nota anche agli intenditori, si basa sugli intrighi amorosi tra uomini e dei, e avrebbe avuto bisogno di un allestimento che aiutasse la comprensione e ne rendesse più facile la fruizione. L’ìdea registica, invece, contestualizza gli eventi in un passato prossimo - gli inizi del Novecento - semplificando le scene e riducendo a pochi elementi simbolici l’apparato scenico, senza novità ma ripetendo una tendenza all’essenzialità che non sempre è resa con incisività. Il cast e la direzione di Biondi restituiscono un Cavalli inedito, interessante che sarebbe stato maggiormente apprezzato se la regia avesse osato qualcosa di più. La virtù de’ strali d’amore di Francesco Cavalli opera tragicomica musicale in un prologo e tre atti Direttore: Fabio Biondi Regia: Facoltà di Design e Arti IUAV di Venezia Costumi: Facoltà di Design e Arti IUAV di Venezia Scene: Facoltà di Design e Arti IUAV di Venezia Musica: Francesco Cavalli Orchestra: Europa Galante Artisti: Monica Piccinini nel ruolo di: Cleandra, Amore; Gemma Bertagnolli nel ruolo di: Clito e Fama;Giacinta Nicotra nel ruolo di: Leucippe e Clarino; Donatella Lombardi nel ruolo di: Psyche ed Ericlea; Cristiana Arcari nel ruolo di: Erabena sotto finto nome d’Eumete; Paolo Lopez nel ruolo di: Erino. Durata: 3h 10 min |
Un critico all'opera . Il blog di Roberto Mori.mercoledì 26 novembre 2008 Baroccate a Venezia Roberto Mori Il barocco continua ad avere una certa fortuna e una buona presenza nelle nostre stagioni liriche. Eppure, a pensarci bene, l’estetica e il gusto teatrale odierni sono sempre più estranei ai parametri più tipici di quello stile. Consideriamo l’aspetto visivo. Gli elementi fondamentali del barocco sono l’horror vacui, il trionfo della linea curva, gli effetti illusionistici. Negli attuali allestimenti dominano invece il minimalismo e gli impianti/contenitori lineari, razionali, dove tutto procede per linee rette. Il fasto dei costumi, poi, ha ceduto progressivamente il passo alle fogge contemporanee sobrie (abiti borghesi, divise, cappottoni e simili). Un altro parametro stilistico è la complessità. Nel barocco la semplicità non esiste, tutto deve apparire come il frutto di un virtuosismo spinto ai limiti del possibile. Se ragioniamo in termini di canto, tuttavia, è sempre più difficile reperire non solo autentici virtuosi ma anche vocalisti che abbiano reale dimestichezza con una messa di voce o un trillo. All’estero sono in auge i controtenori, che nei nostri teatri però suscitano poca "meraviglia", anzi vengono visti e sentiti ancora con una certa diffidenza. Il che è molto singolare, dal momento che soprattutto in Italia i castrati (protetti perfino dalla Chiesa) hanno rappresentato un fenomeno artistico, sociale e culturale di vasta portata nella storia della musica tra Sei e Settecento. Eppure, da noi anche i più bravi fra gli attuali "castratelli" (il termine lo prendo in prestito dal cardinal Gonzaga) non si sentono, o si sentono raramente. Con queste premesse è chiaro che le serate noiose, a teatro, si sprecano. Tra le rappresentazioni barocche cui ho assistito nelle ultime stagioni a Venezia, mi è rimasto impresso un solo ricordo: l’esecuzione di un cavallo di battaglia del Farinelli, "Qual guerriero in campo armato", offerta nel Bajazet di Vivaldi da Vivica Genaux. Che peraltro non è una vocalista irreprensibile, ma sa stupire l’ascoltatore e si fa ricordare perché ha una dote fondamentale nel repertorio barocco: l’esecuzione rapidissima di ogni tipo di agilità. Quanto ai ripescaggi di titoli dimenticati, è risultata interessante "La Didone" di Francesco Cavalli, grazie anche alla concertazione filologicamente agguerrita di Fabio Biondi. Ma la maggior parte delle proposte - ferma restando l’utilità della verifica esecutiva - è destinata a cadere per lo più in quel dimenticatoio dove probabilmente finirà anche "La virtù de’ strali d’Amore" (1642), sempre di Cavalli, presentata di recente dalla Fenice al Teatro Malibran. La competenza di Biondi alla guida dell’orchestra "Europa Galante" non è bastata in questo caso a rendere appetibile un’opera che pure è plasmata, come gran parte della produzione veneziana dell’epoca, dalle tendenze libertine degli intellettuali che ne fornivano i versi. Nella fattispecie il librettista è Giovanni Faustini, che proprio con questo lavoro inizia la sua decennale, fortunata collaborazione con Cavalli. Tuttavia non siamo ai livelli di Egisto o La Didone: l’intreccio di quest’opera"tragicomica", che vede coinvolti 37 personaggi, è ingarbugliato; l’ispirazione musicale discontinua, soprattutto nel primo atto, ripetitivo e monotono. Si aggiunga che la compagnia di canto era allineata sull’indistinto (si notava solo una relativa superiorità delle voci femminili rispetto alle maschili) e che l’allestimento curato dagli studenti della Facoltà di Design e Arti dello Iuav di Venezia, oltre a non aiutare la comprensione della vicenda, era il trionfo del déjà vu: solito impianto-contenitore vuoto e geometrizzante, soliti costumi novecenteschi, solita regia insignificante e pseudo-modernista. |
"La virtù de’ strali d’amore" Giorgio Bagnoli Prima rappresentazione in tempi moderni dell’opera che, nel 1642, segnò l’inizio della collaborazione artistica tra Francesco Cavalli e il librettista Giovanni Faustini. Prezioso il lavoro di revisione e di interpretazione da parte di Fabio Biondi e dell’orchestra "Europa Galante". Valida la compagnia di canto. Allestimento scenico teatralmente senza attrattive. Rappresentata per la prima volta al Teatro di San Cassiano di Venezia nel 1642, La virtù de’ Strali d’Amore di Francesco Cavalli, segna l’inizio dell’intensa collaborazione con il librettista e impresario Giovanni Faustini e che si concluderà nel 1651 con l’improvvisa morte di Faustini. Questo primo lavoro rientra stilisticamente nella grande stagione dell’opera veneziana seicentesca: intrigo assai complesso, con un libretto spesso con chiari riferimenti erotici e con numerosi personaggi: dei, aristocratici e popolani. Musicalmente la partitura si snoda con un uso pressochè totale del "recitar cantando" di grande espressività che sfocia nell’arioso. Predomina comunque lo stile "recitativo" e quindi la partitura non è certo "leggera" all’ascolto, in parole povere, questo lavoro non è certo uno di quelli che ti viene voglia di ascoltare tutti i giorni. Va a colmare la conoscenza del teatro di Cavalli e stop. Prezioso il lavoro operato da Fabio Biondi nel vivacizzare la partitura e, soprattutto per rendere vivida ed efficace teatralmente la parola scenica dai cantanti. Una compagnia di canto complessivamente valida sial piano prettamente vocale che interpretativo. Sull’allestimento non un c’è un granchè da dire: assolutamente aldifuori dell’ottica barocca, con un ‘inutile trasposizione agli anni ‘30 in un grigio e anonimo contenitore scenico. Pubblico cordiale, ma con molte defezione nel corso dell’opera. Venezia, Teatro Malibran, 14 ottobre 2008 |
Venezia Teatro MalibranFrancesco Cavalli LA VIRTÙ DE’ STRALI D’AMORE „Die Kraft der Pfeile Amors" schrieb Francesco Cavalli im Jahr 1642. Er ist wohl der am begabteste „Nachkomme" Monteverdis. Wie sehr viele Barockkomponisten war er lange Zeit unbeachtet, erst mit der Wiederentdeckung dieser Epoche der Musikgeschichte, wird er nun immer wieder und immer mehr gespielt. So gab es im ThadW im Jahr 2003 seine „La Calisto". Der Zeitstil und der Einfluss Monteverdis sind natürlich auszumachen. So werden die himmlischen Sphären und die Unterwelt durch die tiefen Bläser angedeutet. Bei Cavalli gibt es auch Chöre, Duette und weitere Ensembles. Arien sind bereits deutlich erkennbar. Die Musik ist sehr erfindungsreich, belebt und melodisch. Als sich zwei Liebende endlich finden, gibt es ein schönes Duett mit dem Text „Ai bacci, al letto". Der genialste Einfall ist aber das Finale: zuerst singen Amore, Venere und Psiche ein außerordentlich schönes Terzett, welches in ein a-capella-Terzett Amore, Psiche, Venere übergeht. So endet die Oper. Die Wirkung ist unglaublich und einzigartig. Das alljährliche Barockprojekt des Fenice mit ein oder zwei Werken wird von der „Facoltà di Design e Arti IUAV die Venezia" szenisch gestaltet. Unter der Anleitung von Praxis erfahrenen Tutoren, also eines Regisseurs, Bühnen- und Kostümbildners haben die Meisterschüler die Gelegenheit mitzugestalten. Die Bühne diesmal: unten die menschliche Ebene, darüber eine zweite sphärische der Götter, welche zuletzt zu Boden sinkt – die Götter sind auch nur Menschen, soll das wohl bedeuten. Die Kostüme waren modern, aber schön, für die Frauen besonders phantasievoll. In jenen Zeiten der Entstehung der Oper, liebte man viele Personen auf der Bühne, eine sehr verwickelte Haupthandlung und mehrere Nebenhandlungen dazu. So ist es gar nicht leicht die Geschichte zu erzählen: Pallante liebt Cleria, zu guter Letzt kommen sie auch zueinander. Meonte hat Erabena verlassen und will auch Cleria gewinnen, sie verkleidet sich als Eumete und begleitet Pallante. Erst zum Schluss finden Meonte und Erabena wieder zusammen und singen das bereits erwähnte Duett. Bereits vorher rettet die gute Fee Cleandra den verwundeten Meonte. Es gibt auch noch die böse Zauberin Ericlea. Auf der Eeben der Götter sind vor allem Amore, Venere und Psiche wichtig für den Ablauf. Amore ein „fanciul malvagio e rio" wie sein Vater Marte singt, bringt mit seinen Pfeilen viel Verwirrungen zustande und wird von den Göttern gebändigt. Pallante wird vom jungen, viel versprechenden Tenor Juan Sancho gesungen. Die Rolle ist eher heldisch angelegt. Seine Tiefe sollte noch gefestigt werden.. Seine begehrte Cleria, ist die bereits recht geschätzte und auch in Wien bekannte, ebenso unter Harnoncourt singende Roberta Invernizzi. Sie singt zudem auch die Venere, wozu mehrmals schnelle Kostümwechsel nötig sind. Sie macht es deutlich hörbar, dass sie bereits in einer hohen Klasse singt. Ihr Timbre ist sehr schön, die Technik, Phrasierungen, Koloraturen, Höhen alles bestens. Die zwiespältige Figur des Meonte ist mit Filippo Adami besetzt. Er hat eine Stimme, die dem Rezensenten noch nie gefallen hat, auch wenn er im „Merker" bereits sehr gute Noten bekam. Seine Stimme ist Geschmackssache, sie ist eher schmal und weiß, Richtung Charaktertenor, etwas durchdringend. „Seine" Erabena, verkleidet als Eumete, Cristina Arcari hat eine nicht sehr große Stimme, welche lieb und ansprechend klingt und sie hat eine gute Technik. Man wird sehen, was aus ihr wird. Im 1. Akt ist sie die gute Fee Cleandra, dann im 2. und 3. Akt jedoch der Amore: Monica Piccinini. Ihre Stimme ist nicht allzu groß, aber auffallend schön im Timbre und in der Beweglichkeit, sie klingt hell, rein und klar. Da sie zudem sehr agil agiert, ist sie eine Idealbesetzung für den jungen Amore Ihre Zukunft macht neugierig. Einen persönlichkeitsstarken Ton in der Stimme hat Donatella Lombardi für die böse Zauberin Ericlea, und später auch für Psiche, wenn sie um den leichtsinnigen Amore kämpft. Da alle weiteren Sänger ebenfalls gut ausgesucht waren, seien deren Namen erwähnt: Giacinta Nicotra, Gemma Bertagnoli, Paolo Lopez, Marco Scavazza, Filippo Morace, Gian-Luca Zoccatelli, Milena Storti. Eigentlich bereits weltweit bekannt für die Realisierung barocker Projekte ist der Dirigent Fabio Biondi mit seinem Orchester Europa Galante. Sie erreichten, so konnte man überzeugt sein, eine absolute Meisterleistung, in der Wiederentdeckung dieses Werkes. Ihre Leistung ist wohl nur sehr schwer zu übertreffen. Das unglaubliche, völlig überraschende a-capella-Finale (mit Invernizzi, Piccinini, Lombardi). War von ganz starker Wirkung auf das Publikum, bis dann der große, allgemeine Jubel ausbrach. Der Abend zeigt auch, dass sich immer mehr Menschen für die Musik der Vor-Mozart-Zeit interessieren und diese immer mehr schätzen. Auch in Wien, wo derzeit das ThadW einen wichtigen Beitrag dazu liefert. Martin Robert Botz |
Recuperando tradiciones Anibal E. Cetrángolo
La producción de este octubre contó con el concurso de otro partner muy especial, el curso universitario en Scienze e Tecniche del Teatro de la Facultad de Design e Arti IUAV de Venecia que dirige Walter Le Moli. El ente universitario colabora a su vez con otra institución italiana: la Fondazione Teatro Due di Parma que responde al dinamismo de Carlo Majer. La virtù de' strali d'Amore es un eslabón fundamental en la historia del teatro musical italiano. El camino de la ópera hacia su destino empresarial y público encuentra en el ambiente comercial veneciano el humus ideal. En efecto, la ópera de Cavalli, del 1642, es apenas de cinco años posterior a la fecha del famoso bautismo de la ópera en cuanto empresa en el Teatro San Cassiano. Presencié la representación del 14 de octubre con teatro casi completo y con un público que fue mermando un poco con el progreso de la tarde. Es realmente un verdadero triunfo de los responsables de esa empresa que aquellas butacas vacías hayan sido pocas. Después de tres siglos y medio Faustini y Cavalli, que presentaron su obra teniendo muy en cuenta la respuesta del público que pagaba, habrían suspirado con alivio al comprobar que la mayoría de los asistentes fueron fieles al espectáculo y manifestaron al final aprobación y entusiasmo.
El texto de Giovanni Faustini, primero de los varios que el abogado libretista firmó para óperas de Cavalli, da pretexto a soluciones más variadas y audaces reclamadas por el gusto veneciano de ayer y tal vez de hoy. El equipe que dirigió la parte escénica aprovechó de todas maneras con un striptease en plena regla, aquel "o mio spirto, o mio diletto/Andiam ch’Amor ci invita al letto" En el caso de esta Virtù, el público de la desprejuiciada ciudad esperaba en efecto tales situaciones y no había peligro de escándalo ante situaciones de notable ambigüedad como cuando Meonte confiesa su amor por Erabena pero cuando aun el ardiente joven cree que el objeto de sus deseos, todavía bajo aspecto viril, es su amigo Eumete. El intreccio dramatúrgico es muy complicado y el espectador ante semejante rigor escénico a veces se encuentra abandonado pero no puede sino agradecer a la gente del IUAV el poder gozar sin molestias de las perlas musicales que ofrece Cavalli. Extraordinario, por ejemplo, aquel maravilloso final del melodrama entre Venere, Amore y Psiche que inevitablemente empuja a recordar al maestro de Cavalli en el dúo final de L’incoronazione di Poppea. Biondi, solidario en esto a la esencialidad visual, muestra desnudo este terceto, es decir sin el bajo continuo. Toda la versión musical dirigida por Fabio Biondi fue de gran inteligencia y eficacia y marcado por una idea teatral clara. El espectáculo de esta Virtu del Malibran comenzó, en efecto, con una declaración a favor del teatro: se presenció un prologo actuado y sin otra música que algún aislado comentario de la orquesta. Sucede que de esta sección nos ha llegado solamente el libreto y la elección de Biondi fue la de no eliminar aquellos versos y mostrarlos en su declamación. Encuentro esta valiente decisión plenamente justificada. Estas óperas son ante todo drama. Esta versión se coloca así en la antípodas de otras curiosas elecciones que han girado no hace mucho en torno a este título: la de presentarlo en versión de concierto. Personalmente me sitúo cerca de Biondi, creo que una ópera de Cavalli sin dramaturgia es como un concierto para violín sin violín. Fabio Biondi lleva tan lejos su idea que aquí, como en otras óperas por él dirigidas, llega a transformar en declamado algunos momentos de recitativo. Creo que en esto exagera. Los intérpretes han seguido con fidelidad la idea del maestro y el empeño de casi todos ellos, en lo actoral fue verdaderamente notable. En lo vocal las señoras fueron lo mejor aunque entre los varones admiré al sevillano Juan Sancho, que cantando Pallante puso su hermosa voz al servicio de una interpretación cuidada e inteligente. Siempre en este género ubico al palermitano Paolo López, sopranista que exhibió notable técnica y estilo al servicio de su doble compromiso: Ermino y ninfa. En esta reseña de virtudes, reservo entonces para el final a las brillantísimas participaciones de las mujeres y en especial de Roberta Invernizzi y de Monica Piccinnini, ambas artistas que a pesar de su constante presencia en escena, entre las dos cubrieron seis roles, mantuvieron altísimo el interés dramático con profesionalidad y estilo durante todo el espectáculo.
El libro abre con una presentación del responsable de estas publicaciones Michele Girardi que sitúa este melodrama en el ciclo de los melodramas de Cavalli. A continuación, el fervoroso motor no solamente científico de la monumental empresa Cavalli, Ellen Rossand, analiza la obra que se presenta estudiando las relaciones de Faustini con Cavalli y concluye con una frase contundente que subraya la enorme importancia histórica de esta ópera.: "La virtu de strali d’amore representa 'la fons et origo' de la opera pública veneciana". Dinko Fabris pone en relación la producción de Cavalli con manifestaciones artísticas extramusicales, en especial con la emblemática de Ripa. El musicólogo estudia aquel ambiente que generó los resultados líricos venecianos, es decir aquellas academias "que recogían la componente joven y goliardica del público de los teatros con entrada que se cobraba". Maria Martino estudia el aspecto textual de este melodrama y Maria Giovanna Miggiani, Roberto Campanella y Franco Rossi con gran competencia suministran herramientas esenciales para saber más de este tema. Venecia, 14.10.2008. Teatro Malibran. La virtu’ de’ strali d’Amore, ópera tragicomica musical en un prólogo y tres actos. Libreto de Giovanni Faustini, musica di Francesco Cavalli. Regie, escenas, vestuario y luces Facoltà di Design e Arti IUAV. Intérpretes: Giacinta Nicotra (Il Capriccio / Leucippe / Clarindo / Una maga), Gemma Bertagnolli (Il Piacere / Clito / La Fama / Una nereida), Juan Sancho (Pallante), Paolo Lopez (Erino / Una ninfa) Cristiana Arcari (Erabena bajo el fingido nombre d’Eumete / Una ninfa / Una maga), Marco Scavazza (Primer marinero / Evagora / Giove), Roberto Abbondanza (Segundo marinero / Saturno), Roberta Invernizzi (Cleria / Venere / Una maga), Filippo Adami (Meonte), Monica Piccinini (Cleandra / Amore / Una ninfa), Donatella Lombardi (Ericlea / Psiche / Una ninfa / Una nereida) Filippo Morace (Darete / Marte), Gian-Luca Zoccatelli (Mercurio / Un dios marino), Milena Storti (Una ninfa / Una maga / Una nereida). Director musical Fabio Biondi. |